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Santi del 21 Aprile

Il mio Santo > I Santi di Aprile

*Sant'Anastasio il Sinaita  (21 Aprile)

m. 700 circa
Martirologio Romano:
Sul monte Sinai, Sant’Anastasio, egúmeno, che difese instancabilmente la retta fede contro i monofisiti e scrisse molti sermoni utili alla salvezza delle anime.
Nel Menologio dell'imperatore Basilio, al 20 aprile, è menzionato Anastasio che, vinto dall'amore di Cristo, lasciò il mondo e, recatosi prima a Gerusalemme, si ritirò poi sul Monte Sinai, dove visse umilmente fino alla morte, dopo aver guidato molti anacoreti sulla via della virtù: quest'elogio è passato nel Sinassario Costantinopolitano al 21 aprile.
Nei Menei Anastasio è ricordato con questo distico, indice della sua fama e della sua sapienza: («Anastasio novello Mosé sul Sinai, si meritò di veder Dio prima ancora di essere morto»).
La vita di Anastasio, sacerdote ed egumeno, polemista ed esegeta, ci è quasi del tutto sconosciuta, anche perché qualsiasi notizia deve essere accettata con molta cautela per le frequenti confusioni con i numerosi omonimi, alcuni dei quali anche sinaiti, vissuti come lui tra il sec. VII e l'VIII.
Di certo si sa che Anastasio fu ad Alessandria prima del 640, e poi tra il 678 e il 689, sotto il patriarca Giovanni III, monofisita, e sappiamo ancora che vent'anni dopo il III Concilio Costantinopolitano (680-681) egli viveva ancora.
Nella sua strenua lotta contro tutte le eresie del tempo, nestorianismo, monofisismo. monotelismo, Anastasio scrisse numerose opere di polemica e di esegesi, di cui la più importante è La guida o Viae dux adversus acephalos in 24 capitoli, a difesa dell'ortodossia contro il monofisismo. Quest'opera scritta in pieno deserto ca. nel 685, è ricca di citazioni patristiche che però, essendo affidate solo alla memoria, sono spesso false.
Nella guida Anastasio cita altri suoi lavori, di cui noi però conosciamo solo il titolo: Syntagma contro Nestorio, Tomo apologetico rivolto al popolo, Tomo dommatico e Syntagma contro i giudei. Il cardinal Mai attribuì ad Anastasio la disputatio adversus Judaeos , ma essa, essendo stata scritta circa 800 anni dopo la distruzione di Gerusalemme, non è da ascriversi al Sinaita. J. B. Pitra ha pubblicato (Iuris ecclesiastici Graecorum historia et monumenta, Roma 1868, pp. 257-74) due opuscoli autentici di Anastasio  in cui si parla già del monotelismo.
Come esegeta Anastasio scrisse un Commentario dell'Esamerone in 12 libri, di cui solo l'ultimo è pubblicato nel testo originale, teso a interpretare allegoricamente tutto il Genesi in funzione di Cristo e della Chiesa.
A questa opera, e precisamente al libro VI che tratta della somiglianza dell'uomo con Dio, sono da ricondursi alcuni frammenti, in cui una storia del monotelismo dalle origini al 700. Riguardo alle Domande e risposte, 154 quesiti a cui si dà risposta fondandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Patristica, è da dire che il nucleo principale appartiene ad Anastasio, anche se la raccolta, nella forma in cui ci è pervenuta non è da ascriversi a lui.
Dei sermoni che Anastasio scrisse, cinque ne sono stati pubblicati, e cioè: Sul Salmo VI, di cui abbiamo anche la versione siriaca e araba; Intorno alla Messa e alla Comunione; Sui defunti; Sulla bestemmia, di cui ci resta solo un frammento edito da Papadopoulos Kerameus ; Per il Venerdì Santo, di cui si ha anche una traduzione araba e che è stato pubblicato nella traduzione tedesca da Scheicho.
Ancora non è stato pubblicato il sermone Sulla discesa dell'anima di Cristo all'Inferno di cui esiste una traduzione siriaca
La festa di Anastasio si celebra il 21 Aprile.

(Autore: Mario Salsano - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Anastasio, pregate per noi.

*Sant'Anselmo d'Aosta - Vescovo, Benedettino e Dottore della Chiesa (21 Aprile)

Aosta, 1033 - Canterbury, Inghilterra, 21 aprile 1109
Nasce verso il 1033 ad Aosta da madre piemontese, entrambi nobili e ricchi.
Travagliato il rapporto con la famiglia che lo invia da un parente per l'educazione.
Sarà solo con i benedettini d'Aosta che Anselmo trova il suo posto: a quindici anni sente il desiderio di farsi monaco.
Contrastato dai genitori decide di andarsene: dopo tre anni tra la Borgogna e la Francia centrale, va ad Avranches, in Normandia, dove si trova l'abbazia del Bec con la scuola, fondata
nel 1034.
Qui conosce il priore Lanfranco di Pavia che ne cura il percorso di studio. Nel 1060 Anselmo entra nel seminario benedettino del Bec, di cui diventerà priore. Qui avvierà la sua attività di ricerca teologica che lo porterà ad essere annoverato tra i maggiori teologi dell'Occidente.
Nel 176 pubblica il «Monologion». Nel 1093 diventa arcivescovo di Canterbury.
A causa di dissapori con il potere politico è costretto all'esilio a Roma due volte. Muore a Canterbury nel 1109. (Avvenire)

Etimologia: Anselmo = protetto da Dio, Dio gli è elmo, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Sant’Anselmo, vescovo e dottore della Chiesa, che, originario di Aosta, fu dapprima monaco nel monastero di Bec nella Normandia in Francia; divenutone abate, insegnò ai suoi confratelli a progredire sulla via della perfezione e a cercare Dio con l’intelletto della fede; promosso poi all’insigne sede di Canterbury in Inghilterra, lottò strenuamente per la libertà della Chiesa, sopportando per questo sofferenze e l’esilio.
Il celeberrimo Sant'Anselmo è una tra le più grandi glorie del Piemonte e della Valle d'Aosta, essendo nato verso il 1033 ad Aosta da madre piemontese.
I suoi genitori erano nobili e ricchi: sua madre Ermemberga era una perfetta madre di famiglia, mentre suo padre Gandolfo viveva immerso nei suoi impegni secolari.
Anselmo sin dalla sua infanzia sognò di poter raggiungere Dio e nella sua semplicità ipotizzava che risiedesse sulla sommità delle montagne.
Già avido di sapere, fu affidato ad un parente per un'accurata educazione, ma non essendo stato compreso dal brutale maestro cadde in una terribile crisi d'ipocondria.
Per guarirlo occorsero tutto il tatto e l'amorevolezza della mamma, la quale finalmente lo affidò poi ai benedettini d'Aosta.
All'età di quindici anni Anselmo iniziò a sentire il desiderio di farsi monaco, ma il padre non ne volle sapere preferendo farlo erede dei suoi averi.
Le attrattive del mondo e le passioni prevalsero allora sul giovane, specialmente dopo la morte della madre.
Il padre, che morì poi monaco, lo prese in tale avversione che Anselmo decise di abbandonare la famiglia e la patria in compagnia di un servo.
Dopo tre anni trascorsi tra la Borgogna e la Francia centrale, Anselmo si recò ad Avranches, in
Normandia, ove venne a conoscenza dell'abbazia del Bec e della sua scuola, fondata nel 1034.
Vi si recò per conoscere il priore, Lanfranco di Pavia, e restare presso di lui, come tanti altri chierici attratti dalla fama del suo sapere.
I progressi nello studio furono tanto sorprendenti che lo stesso Lanfranco prese a prediligerlo ed addirittura a farsi coadiuvare da lui nell'insegnamento.
In tale contesto Anselmo sentì rinascere in sé il desiderio di vestire l'abito monacale.
Avrebbe però altri posti dove poter sfoggiare la sua sapienza senza dover competere con il maestro Lanfranco, ma non trovando valide alternative nel 1060 entrò nel seminario benedettino del Bec.
Dopo soli tre anni di regolare osservanza meritò di succedere a Lanfranco nella carica di priore e di direttore della scuola, visto che quest'ultimo era stato destinato a governare l'abbazia di Saint'Etienne-de-Caen.
Nonostante il moltiplicarsi delle responsabilità, Anselmo non trascurò di dedicarsi sempre più a Dio ed allo studio, preparandosi così a risolvere le più oscure questioni rimaste sino ad allora insolute.
Non bastandogli le ore diurne per approfondire le Scritture ed i Padri della Chiesa, egli soleva trascorrere parte della notte in preghiera e correggendo manoscritti.
Ci si può fare un'idea del suo insegnamento leggendo gli opuscoli ed i dialoghi da lui lasciati, alcuni dei quali sono veri e propri piccoli capolavori pedagogici e dogmatici.
Sant'Anselmo fu indubbiamente un grande speculativo, ma anche un grande direttore di anime.
La fama del suo monastero si sparse ovunque ed attirò un'élite avida di scienza e di perfezione religiosa.
Egli se ne occupava in prima persona con cura speciale.
Molte delle sue 447 lettere mostrano l'arte che possedeva per guadagnare i cuori, adattandosi all'età di ciascuno e puntando sull'affabilità dei modi. Alla morte dell'abate Herluin, il 26 agosto 1078 i confratelli all'unanimità designarono Anselmo a succedergli.
L'acutezza dell'intelligenza, la straordinaria dolcezza di carattere e la santità della vita gli meritarono un immenso ascendente tanto nel monastero quanto fuori.
Intraprese relazioni con il maestro Lanfranco, nominato arcivescovo di Canterbury nel 1070, e collaborò all'organizzazione di alcuni monasteri inglesi: ciò gli permise inoltre di farsi conoscere dalla nobiltà del paese ed apprezzare dalla corte di Londra.
Nel 1076 Anselmo pubblicò il “Monologion” per soddisfare il desiderio dei monaci di meditare sull'essenza divina.
Questa sua prima opera si rivelò un capolavoro per la densità e lucidità di pensiero circa l'esistenza di Dio, i suoi attributi e la Trinità.
Ad essa seguì il “Proslogion”, più celebre della precedente per l'assai discusso argomento che escogitò a dimostrazione dell'esistenza dell'Essere supremo, in sostituzione dei lunghi e noiosi ragionamenti che aveva esposto nel “Monologion”.
“Dio è l'essere di cui non si può pensare il maggiore; il concetto di tale essere è nella nostra mente, ma tale essere deve esistere anche nella realtà, fuori della nostra mente, perché, se esistesse solo nella mente, se ne potrebbe pensare un altro maggiore, uno, cioè, che esistesse non solo nella mente, ma anche nella realtà fuori di essa”.
La fama di Anselmo si diffuse ancora di più in tutta Europa.
Era talmente venerato e amato in Inghilterra che il 6 marzo 1093, in seguito alle pressioni dei vescovi, dei signori e di tutto il popolo, fu eletto dal re Guglielmo II il Rosso arcivescovo di Canterbury, sede ormai vacante dalla morte di Lanfranco avvenuta nel 1089.
La sua resistenza fu tenace ma inutile ed in riferimento alle difficoltà d'intesa tra il re e il primate affermò con i vescovi ed i nobili che l'accompagnavano: “Voi volete soggiogare insieme un toro non domo e una povera pecora.
Il toro trascinerà la pecora tra i rovi e la farà a pezzi senza che sia servita a nulla. La vostra gioia si muterà in tristezza.
Vedrete la chiesa di Canterbury ricadere nella vedovanza vivente il suo pastore. Nessuno di voi oserà resistere dopo di me e il re vi calpesterà a piacimento”.
La situazione della Chiesa inglese era effettivamente molto triste in quel periodo a causa della simonia, della decadenza dei costumi e della violazione della libertà religiosa da parte del re.

Sant'Anselmo tentò di rimediare a tutto ciò, nella scia della riforma adottata da San Gregorio VII. Non destò quindi meraviglia se, nel 1095, scoppiò tra l'autorità secolare e quella religiosa un aspro conflitto circa il riconoscimento del pontefice Urbano II.
Nulla convinse l'arcivescovo a recedere dal suo proposito e, dopo molte difficoltà, nel 1097 poté recarsi a Roma per consultare il papa stesso.
Questi lo ricevette con grandi manifestazioni di stima e nel 1098 lo invitò al Concilio di Bari, convocato per ricondurre all'unità della Chiesa gli aderenti allo scisma consumatosi nel 1054 tra Oriente ed Occidente.
Nelle questioni discusse Sant'Anselmo apparve come il teologo dei latini, confutando vittoriosamente le obiezioni degli avversari contro la processione dello Spirito Santo da parte di entrambe la altre persone della Santissima Trinità.
Nel 1099 prese ancora parte al sinodo di Roma, in cui furono ribaditi i decreti contro la simonia, il concubinato dei chierici e la reinvestitura laica.
Partì poi per Lione, ove fu però costretto a trattenersi poiché il re non lo autorizzava a tornare alla sua sede. In Italia aveva completato il suo grande trattato sui “Motivi dell'Incarnazione”, mentre a Lione ne ultimò un altro “Sulla nascita verginale di Cristo e il peccato originale”.
Nel 1110 Enrico Beauclerc successe al fratello Guglielmo sul trono inglese e, desiderando avere l'arcivescovo di Canterbury tra i suoi sostenitori, lo invitò a ritornare.
Il nuovo sovrano non aveva però alcuna intenzione di rinunciare a spadroneggiare sulla Chiesa, motivo per cui nel 1103 Anselmo, inflessibile nella difesa dei suoi diritti, dovette una seconda volta andare in esilio a Roma.
Dopo lunghe trattative con il nuovo papa Pasquale II, il sovrano rinunciò infine all'investitura dei feudi ecclesiastici, accontentandosi solo dell'omaggio.
Nel 1106 il primate poté così ritornare nella sua sede e dedicare all'intenso lavoro pastorale gli ultimi anni della sua vita.
Non potendo più camminare, si faceva quotidianamente trasportare in chiesa per assistere alla Messa.
Sul letto di morte provò solo il rimpianto di non aver avuto tempo sufficiente per poter chiarire il problema dell'origine dell'anima.
Sant'Anselmo morì il 21 aprile 1109 a Canterbury e fu sepolto nella celebre cattedrale.
Il pontefice Alessandro III nel 1163 concesse all'arcivescovo Tommaso Becket, di procedere all'“elevazione” del corpo del suo predecessore, atto che a quel tempo corrispondeva a tutti gli effetti ad un'odierna canonizzazione.
Sant'Anselmo d'Aosta fu infine annoverato tra i Dottori della Chiesa da Clemente XI l'8 febbraio 1720.
Il Martyrologium Romanum ed il calendario liturgico della Chiesa universale commemorano il Santo nell'anniversario della nascita al cielo. Aosta, sua città natale, ha dedicato la strada principale del centro storico alla memoria del suo figlio più celebre.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Anselmo d'Aosta, pregate per noi.

*Sant'Apollonio di Roma - Filosofo e Martire (21 Aprile)

† Roma, 185
Martirologio Romano:
A Roma, commemorazione di Sant’Apollonio filosofo, martire, che sotto l’imperatore Commodo, davanti al governatore Perennio e al Senato con una raffinata orazione difese la causa della fede cristiana, confermandola poi, dopo la condanna a morte, con la testimonianza del suo sangue.  
Sant' Apollonio fu martirizzato a Roma nel 185, sotto l’impero di Commodo (161-192); notizie che lo riguardano ci sono pervenute da ben quattro fonti, per primo dai processi verbali contenuti nella raccolta degli atti degli antichi martiri, incorporata nella “Storia Ecclesiastica” di Eusebio, vescovo e storico (265-340); poi in due capitoli del “De Viris Illustribus” di San Gerolamo, vescovo e Dottore della Chiesa (347-420) e in due redazioni della ‘passio’, una in armeno e l’altra in greco, scoperte nel secolo XIX.
Secondo queste fonti, Apollonio era un’illustre personaggio romano, erudito in scienza e filosofia e
sembra anche senatore; essendo cristiano venne denunciato al prefetto del Pretorio, Perennio, quindi fu chiamato a discolparsi e secondo San Gerolamo, egli lesse davanti al senato un ”insigne volume descrittivo della fede in Cristo”.
Quindi questo ‘volumen’ invece di essere una ritrattazione, conteneva un’apologia del Cristianesimo, atto contrario al rescritto imperiale di Traiano, che lo proibiva, pertanto Apollonio venne condannato a morte.
I testi riferiscono che fu sottoposto a due interrogatori, a distanza di tre giorni l’uno dall’altro, il primo presieduto dallo stesso Perennio, il secondo da un collegio di senatori, consiglieri e giuristi.
La descrizione delle udienze, meraviglia per il tono pacato ed il trattamento riservatogli, non solo per il suo rango sociale; al contrario di altre ‘passiones’ chiaramente inverosimili o troppo brevi; è ascoltato con attenzione, lo interrompono solo per contrastare, ma con serietà, le sue argomentazioni o per moderare l’asprezza delle sue parole e quindi la punibilità di esse.
Perennio è un giudice illuminato e magnanimo, come Apollonio è un uomo dalla mente pronta e vivacissima; non abbiamo in questa situazione il ripetersi prevenuto dei cristiani, del rifiuto a sacrificare agli dei, comune nell’agiografia dei martiri; ad Apollonio piace vivere, ma egli non esita a scegliere la morte, perché senza nessuna costrizione, crede volentieri nella dottrina della resurrezione e del giudizio finale, perché questa se fosse pure un’illusione o un errore, dà conforto e illumina la vita, togliendola da umilianti compromessi.
Riguardo la pena della morte subita, i testi discordano, nella ‘passio’ greca Apollonio muore dopo lo spezzamento delle gambe, supplizio esteso anche al suo denunciante (chi sa perché), mentre in quella armena invece viene decapitato e questa versione è riportata nel "Martyrologium Romanum" che lo celebra al 21 aprile.
La sua figura fu inserita tardi nei Martirologi cristiani, giacché non fu oggetto di una precisa commemorazione nei primi tempi; poi nel Medioevo fu confuso con altri due santi, Apollo alessandrino e Apollonio martire insieme a San Valentino, la cui ricorrenza è al 18 aprile, questa data fu in vigore per molto tempo, ma la recentissima edizione del "Martirologio Romano" l’ha riportata al 21 aprile.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Apollonio di Roma, pregate per noi.

*Sant'Aristo - Sacerdote e Martire (21 Aprile)
Martirologio Romano: Ad Alessandria d’Egitto, Sant’Aristo, sacerdote e martire.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)  
Giaculatoria - Sant'Aristo, pregate per noi.

*Beato Bartolomeo Cerveri - Sacerdote e Martire (21 Aprile)

Savigliano, Cuneo, 1420 – Cervere, Cuneo, 21 aprile 1466
Nato, come il Beato Antonio Pavoni, a Savigliano, manifestò giovanissimo un raro fervore per la vita religiosa e una forte passione per lo studio. Fu docente alla facoltà teologica di Torino, priore di Savigliano e inquisitore della fede per il Piemonte e la Liguria.
Il 21 aprile 1466 cinque valdesi lo aggredirono e lo uccisero a colpi di spada mentre si stava recando a Cervere, nei pressi di Fossano.

Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Cervere presso Fossano in Piemonte, beato Bartolomeo Cerveri, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, trafitto dalle lance, confermò con la morte la fede cattolica, per la quale aveva strenuamente combattuto.
L’Ordine di San Domenico, fondato per la difesa della fede, non venne mai meno alla sua gloriosa missione. Tra il XIV ed il XV secolo l’Italia settentrionale era infestata da mille errori, ma i figli
di San Domenico si dimostrarono sempre pronti a morire piuttosto che vedere intaccata la retta fede. Il convento di Savigliano, nel cuneese, diede alla Chiesa in tale contesto storico tre Beati martiri: Antonio Pavoni, Pietro Cambiani e Bartolomeo Cerveri, nonché il confessore Aimone Taparelli.
Oggetto della presente scheda agiografica, nell’anniversario del suo martirio, è il Beato Bartolomeo Cerveri. Egli nacque nel 1420 a Savigliano da una nobile famiglia. Suo padre era infatti Signore di Cuffia, Cervere e Rosano. Entrò giovanissimo nella locale prioria domenicana e sin dal principio dimostrò grande impegno nell’apprendimento della scienza sacra e nell’esercizio delle virtù. Venne allora mandato a proseguire gli studi all’università di Torino dove, caso unico negli annali della scuola, l8 maggio 1452 conseguì contemporaneamente la licenza, il dottorato e l’assunzione a docente universitario. Per ben due volte venne eletto priore del convento di Savigliano, del quale fece ampliare la chiesa. Fu inoltre direttore dei monasteri femminili di Savigliano e di Revello. Nel 1451 venne poi nominato inquisitore della fede per il Piemonte e la Liguria, compito pericoloso dato l’elevato numero di eretici, ma dal quale ottenne buoni frutti con la parola e la fama di santità, piuttosto che con i discutibili metodi “forti” in uso a quel tempo.
La sua attività non tardò comunque ad attirargli l’odio degli eretici ed egli divenne consapevole di essere ormai chiamato a dare la vita per testimoniare la propria fede. Bartolomeo parve inoltre essere stato avvertito in modo soprannaturale della fine che lo attendeva, quando il 21 aprile 1466 si incamminò verso Cervere con i confratelli fra Giovanni Boscato e Gian Piero Riccardi per il consueto lavoro apostolico. Fece innanzitutto un’accurata e devota confessione ad uno dei confratelli e poi, quasi scherzando, gli confidò che quella sarebbe stata la prima ed ultima volta che si sarebbe recato a Cervere, di cui tra l’altro il suo casato portava il nome: “Mi chiamo Bartolomeo da Cervere e mai vi ho messo piede, oggi vi andrò come Inquisitore per lasciarvi la vita”. Lasciata dunque Bra, a circa un chilometro da Cervere presso un avvallamento, che poi prese il nome di “la cumba dla mort”, i tre religiosi vennero circondati da cinque eretici, che ferirono gravemente uno di loro e colpirono mortalmente al ventre Bartolomeo con vari colpi di lancia. Il terzo confratello riuscì invece fortunatamente a mettersi in salvo. Il martire spirò pregando per i suoi assassini.
Vari documenti attestano concordemente che alla sua morte seguirono parecchi fatti miracolosi. Si narra che al momento stesso dell’eccidio, i saviglianesi videro il sole verso oriente, cioè in direzione di Cervere, mentre essendo sul far della sera esso avrebbe dovuto ormai tramontare ad occidente. Sul luogo del delitto, ove oggi sorge una cappella in suo onore, crebbe un albero i cui rami e le cui fronde assunsero la conformazione di una croce.
Merita infine ricordare ancora un episodio inspiegabile, cioè che dal corpo del martire non fuoriuscì alcuna goccia di sangue sino a quando, quattro mesi dopo, i saviglianesi ed i domenicani giunsero nella chiesa di Cervere per riavere il suo corpo. Solo allora, dunque, fuoriuscirono rivoli di sangue dalle numerose ferite, tra lo stupore generale.
Giunta a Savigliano, la salma fu sepolta con grandi onori, ottenne numerose grazie ed il martire iniziò ad essere invocato contro la folgore e la grandine. Nel 1802, con la soppressione del convento saviglianese, si rese necessario traslare nuovamente a Cervere le sue reliquie, ove ancora oggi riposano in un’urna sotto l’altar maggiore della chiesa parrocchiale. Il pontefice Beato Pio IX il 22 settembre 1853 confermò il culto “ab immemorabili” tributato all’inquisitore piemontese.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Bartolomeo Cerveri, pregate per noi.

*San Cipriano di Brescia - Vescovo (21 Aprile)

Prima metà VI sec.
San Cipriano è il diciassettesimo vescovo di Brescia. Nella cronotassi ufficiale della diocesi di Brescia, figura dopo San Paolo II e prima di Sant’Ercolano.
Secondo tutte le fonti attualmente conosciute, si ritiene che San Cipriano abbia governato la diocesi nella prima metà del Secolo VI. Solo il Gradenigo pone il suo episcopato intorno all’anno 585.
Non sappiamo nulla sulla sua vita. Conosciamo solo il suo nome dalle liste antiche dei vescovi di Brescia.
Sul suo culto troviamo traccia nei sei martirologi dei secoli XI-XV e in alcuni ordini liturgici del
Trecento. Nei secoli passati secondo il Gradenigo questo vescovo era oggetto di tanta devozione: "ut eius natalis dies, veluti dies Dominica celebraretur".
Secondo lo studioso Brunati gli viene attribuita la fondazione di San Pietro in Oliveto, dove avrebbe officiato e sarebbe stato sepolto, mentre secondo lo storico Savio ritiene sia stato sepolto nella chiesa di Sant’Eufemia.
Il 14 febbraio 1453 furono ritrovate le sue ossa assieme a quelle di San Paolo II e San Adeodato e del Martire Evasio sotto l’altare maggiore del medesimo tempio.
Nel 1798 le ossa furono trasportare segretamente nella chiesa di Sant’Agata, dove tuttora sono custodite.
San Cipriano non è menzionato nel martirologio romano. In quello bresciano sono ricordate l’invenzione delle reliquie il 14 febbraio, la loro prima traslazione sotto l’altare maggiore di San Pietro oliveto il 9 febbraio, mentre nel giorno 21 aprile è stata fissata la data per la celebrazione della sua festa liturgica.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cipriano di Brescia, pregate per noi.

*San Corrado (Giovanni Evangelista) Birndorfer da Parzham - Cappuccino (21 Aprile)
Venushof, Parzham, 22 dicembre 1818 - Altötting (Bassa Baviera), 21 aprile 1894
Nacque a Venushof in Parzham il 22 dicembre 1818 da una famiglia di ricchi contadini dalla spiccata devozione. Penultimo di dodici fratelli, rimase orfano a 16 anni.
Da subito si dedicò alla vita spirituale secondo la tradizione cattolica bavarese frequentando assiduamente la celebrazione eucaristica quotidiana.
Ma coltivò nella sua vita anche tutte le forme della più autentica pietà popolare della sua regione, la Baviera.
Conosciamo poco dell'infanzia ma sappiamo per certo che a 19 anni tentò, senza esito, di studiare nel ginnasio dei benedettini di Metten a Deggendorf.
Era il 1841, invece, quando professò la regola del Terz'Ordine francescano e nel 1849 entrò tra i cappuccini di Altötting come terziario.
Durante il noviziato a Laufen fu incaricato di aiutare l'ortolano e il giardiniere del convento.
Il 4 ottobre 1852 emetteva la professione solenne e fu rimandato ad Altötting con l'ufficio di portinaio del convento di Sant'Anna, che ora è dedicato allo stesso san Corrado, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 21 aprile 1894. (Avvenire)

Etimologia: Corrado = consigliere audace, dal tedesco
Martirologio Romano: Ad Altötting nella Baviera in Germania, San Corrado (Giovanni) Birndorfer da Parzham, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che svolse per oltre quarant’anni l’umile servizio di portinaio e, sempre generoso verso i poveri, non congedò mai nessun bisognoso senza prima offrirgli benigne parole di cristiano conforto.  
Nella numerosissima schiera di santi, Beati e Venerabili della grande Famiglia Francescana, spiccano singolari figure di frati, pieni di santa umiltà e semplicità, i quali raggiunsero questa meta, adempiendo con scrupolo e carisma personale, all’umile compito di portinaio del convento in cui vissero per lungo tempo o addirittura tutta la loro vita religiosa.
E come San Serafino da Montegranaro (12 ottobre), San Pasquale Baylon (17 maggio), il Beato Mariano da Roccacasale (31 maggio), tutti francescani e il Beato Andrea Bassette canadese della “Congregazione della Santa Croce” (6 gennaio), anche san Corrado da Parzham, trascorse tutta la sua vita di cappuccino, facendo il portinaio del suo convento di Altötting in Germania.
Era nato il 22 dicembre 1818 nella fattoria di Venushof in Parzham presso Passau (Baviera), penultimo dei 12 figli dei coniugi Birndorfer, al battesimo ebbe il nome di Giovanni Evangelista.
A 16 anni era già orfano di entrambi i genitori; dalle scarne testimonianze venne descritto come un ragazzo mite, allegro, dolcissimo, amante della natura, sano e forte per i lavori dei campi a cui si dedicò.
Amava il lavoro e mentre dissodava il terreno, recitava il rosario che teneva sempre legato al
polso; pur essendo figlio del padrone, lavorava volentieri con e fra i dipendenti, diffondendo serenità, armonia e gioia.
Appena poteva, si raccoglieva in preghiera, devota, solitaria e prolungata, nelle varie chiese e santuari del circondario e spessissimo si accostava alla santa Eucaristia; a 19 anni tentò di frequentare il ginnasio dei Benedettini di Metten a Deggendorf, ma senza esito; nel 1841 a 23 anni, professò la Regola del Terz’Ordine Francescano.
Avrebbe dovuto amministrare l’azienda ereditata dai genitori, ma sentendosi chiamato alla vita religiosa, vi rinunziò; divise la sua parte ereditata tra i poveri e alcune Istituzioni ecclesiastiche e a 31 anni nel 1849, Giovanni Evangelista Birndorfer bussò alla porta del convento cappuccino di S. Anna ad Altötting.
Fece il noviziato a Laufen e qui ebbe l’incarico di aiutare l’ortolano e il giardiniere del convento; nei primi tre anni fu impegnato nella formazione alla vita cappuccina, perfezionando le virtù e lo spirito di preghiera.
Il 4 ottobre 1852, si consacrò per sempre al Signore, facendo la professione religiosa e prendendo il nome di Corrado; poi fu rimandato al convento-santuario di Altötting nella sua Baviera destinato all’ufficio di portinaio.
In quest’umile ma delicata funzione, visse per ben 41 anni fino alla morte, contento di vivere in quel luogo, sede dell’antico Santuario della Madonna, centro e riferimento della religiosità e pietà bavarese.
Fra Corrado da Parzham svolse il suo compito, in apparenza monotono e senza importanza, con tatto e zelo, con fedeltà e poche parole, sempre calmo e paziente, mai annoiato, nervoso o triste, sempre pronto all’obbedienza e disponibile; edificava i confratelli ed i pellegrini del Santuario mediante l’esercizio della carità e di una inalterabile pazienza.
Ben presto in tutta la Bassa Baviera, si diffuse la fama di quel “santo portinaio” e alla porta del convento di S. Anna, ora dedicato a San Corrado, cominciarono a suonare la tipica campanella, molte persone per chiedere proprio all’umile frate aiuto e conforto; ormai tutti sapevano che il suo cuore era sempre aperto ad accogliere i fedeli.
Devoto della Vergine e dell’Eucaristia, dotato di doni straordinari, come la profezia, operò un risveglio di fede nelle province circostanti, un padre Pio da Pietrelcina dell’epoca.
Al portinaio del convento cappuccino, era affidato anche il compito di distribuire il cibo ai poveri, e lui, sempre con la corona in mano, lo faceva con soddisfazione, illuminandosi nel volto, riflettendo l’esempio del Poverello d’Assisi.
Era la sua ‘felicità terrena’, distribuiva minestra, pane e carne ai poveri, agli accattoni, ai garzoni operai, ai ragazzi, andando in cucina a scegliere i pezzi migliori; sordo alle esortazioni a moderare la sua generosità.
“Tutto ciò che si dà ai poveri, ritorna nuovamente dentro con abbondanza”, era la sua risposta ai confratelli; cooperò anche all’opera benefica ‘Liebeswerk’, in favore dell’infanzia abbandonata e in pericolo; la sua generosità si allargava ai numerosi pellegrini del santuario, ai quali distribuiva birra e pane, raccomandando però al confratello fra Deodato, addetto alla birreria del convento, di farne “molta e leggera”.
Lavorò fedelmente fino alla fine; il 18 aprile 1894 al termine di una giornata stressante, si mise a letto “per prepararsi all’eternità”. Morì all’alba del 21 aprile 1894 a 76 anni.
Dopo l’approvazione dei miracoli attribuiti alla sua intercessione, Papa Pio XI lo dichiarò Beato il 15 giugno 1930 e cosa insolita per i processi di canonizzazione, dopo solo quattro anni, il 20 maggio 1934 lo stesso pontefice lo proclamò Santo. La festa liturgica è il 21 aprile, giorno del suo trapasso.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Corrado Birndorfer da Parzham, pregate per noi.

*Beato Giovanni de Riano - Mercedario (21 Aprile)
1215 – 1285
Di origine spagnola, il Beato Giovanni de Riano, studiò all’Università di Parigi.
Rientrato in Spagna, alla morte dei genitori entrò nel convento mercedario di Barcellona, dove praticò tutte le virtù con una profonda umiltà.
Nominato redentore venne inviato in Africa accompagnando i cavalieri dell’Ordine, ad Algeri liberò 150 schiavi.
Convertì alla fede di Cristo molti mori e giudei e si dice che nella città di Baza in Spagna, resuscitò due bambini.
Famoso per i miracoli morì santamente all’età di 70 anni nel 1285.
L’Ordine lo festeggia il 21 aprile.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni de Riano, pregate per noi.

*Beato Giovanni Saziari - Terziario Francescano (21 Aprile)

1327 circa - Cagli (Pesaro), 21 aprile 1371
Il Beato Giovanni Saziari, laico della diocesi di Pesaro, agricoltore, vestì poi l’abito del Terz’Ordine Francescano.
Nella chiesa di San Francesco in Cagli, presso l’altare della Madonna della Neve trova degna collocazione dal 1642 l’urna lignea contenente le sue spoglie. La “Concessiones Missae et Officii” propri del beato è avvenuta il 9 dicembre 1980 da parte del Papa Giovanni Paolo II.

Martirologio Romano: A Cagli nelle Marche, Beato Giovanni Saziari, religioso del Terz’Ordine di San Francesco.  
Nel 1287, durante una cruentissima battaglia tra guelfi e ghibellini, l’antichissimo borgo di Cagli venne quasi totalmente incendiato. Sorgeva arroccato sul Monte Petrano, ma due anni dopo gli abitanti decisero di spostare il centro delle attività cittadine nel pianoro sottostante.
Qui, qualche decennio dopo, visse il Beato Giovanni Saziari.
Nato intorno all’anno 1327, condusse una vita semplice, dividendo il suo tempo tra il lavoro dei campi e la preghiera. Non si sposò, non ebbe figli, ma era amato da tutti. Aveva un carisma certo non ordinario. Si fece terziario francescano volendo così seguire l’insegnamento e l’ideale di vita del santo di Assisi.
Morì tra il 1370 e il 1372, lasciando ai suoi concittadini uno straordinario esempio di santità vissuto nella modestia della vita quotidiana. Il Signore, per intercessione del pio contadino di Cagli, rispose alle preghiere dei suoi devoti, concedendo grazie e miracoli. Si verificarono subito dopo la morte e la loro memoria venne tramandata attraverso le iscrizioni della lapide sepolcrale.
In particolare, il suo celeste aiuto si fece sentire durante una terribile pestilenza. Dell’arca marmorea, eseguita dal maestro Antonio di Cagli, la parte anteriore è oggi murata nei pressi dell’altare in cui sono custodite le sue reliquie.
Un notaio di Imola, nel 1374, registrò ufficialmente alcuni miracoli. In un antico documento del 1441 è già chiamato Beato.
Giovanni è sepolto nella chiesa di S. Francesco, la più antica dell’Ordine francescano nelle Marche. Nel 1642 fu posto in un’arca lignea. Delle reliquie furono fatte due ricognizioni, nel 1764 e nel 1849.
Nella Curia di Cagli, oggi unita a quella di Fano, con Fossombrone e Pergola, è conservata la documentazione del processo di beatificazione che vide la conferma del culto locale solo nel 1980, considerata la venerazione che gli è stata ininterrottamente tributata nei secoli. La festa del Beato, ancora oggi familiarmente chiamato il Beato Giovannino, è fissata al 21 aprile.

(Autore: Daniele Bolognini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Saziari, pregate per noi.

*San Maelrubha di Applecross - Abate (21 Aprile)

m. 722
Martirologio Romano:

Nel monastero di Applecross in Scozia, San Melrubio, abate, che, nato in Irlanda e divenuto monaco a Bangor, fondò un monastero di missionari, dal quale per cinquant’anni effuse sul popolo di questa regione la luce della fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Maelrubha di Applecross, pregate per noi.

*San Roman Adame Rosales - Martire Messicano (21 Aprile)
Scheda del gruppo a cui appartiene San Roman Adame Rosales:
“Santi Martiri Messicani”

Emblema: Palma
Martirologio Romano: In località Nochistlán nella regione di Guadalajara in Messico, San Romano Adame, sacerdote e martire, che nel corso della persecuzione contro la Chiesa subì il martirio per aver confessato Cristo Re.
Nacque a Teocaltiche, Jalisco (Diocesi di Aguascalientes) il 27 febbraio 1859.
Parroco di Nochistlán, Zacatecas, (Arcidiocesi di Guadalajara). Sacerdote profondamente umile.
Non si lamentò mai; di fronte al dolore diceva con serenità: "Sia fatta la volontà di Dio".
Si occupò di catechesi, missioni popolari, costruzione di cappelle affinchè i fedeli avessero vicino, il Santissimo.
Aiutò gli ammalati e cercò di educare i bambini.
Queste furono le principali attività del suo ministero parrocchiale.
Giunto il monento dell'esecuzione, il giorno 21 aprile del 1927, con un gesto di bontà cercò di salvare il soldato che penitente sarebbe stato anche lui fucilato. Poi deciso e irremovibile ma umilmente, consegnò la sua vita.

(Autore: Mons. Oscar Sánchez Barba, Postulatore - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Roman Adame Rosales, pregate per noi.

*San Wolbodo di Liegi - Vescovo (21 Aprile)

† 21 aprile 1021

San Wolblodo è il diciannovesimo vescovo di Liegi. Nella cronotassi ufficiale dei vescovi, figura dopo Baldéric de Looz e prima di Durand.
Di questo vescovo sappiamo ben poco.
La tradizione ci narra che nasce in una famiglia nobile della regione delle Fiandre.
Dopo essersi formato alla scuola della cattedrale di Utrecht, diventa prima, decano della cattedrale di Saint Martin e poi, cappellano alla corte di Enrico II.
Successivamente, nel 1018, San Wolbodo è stato nominato vescovo della diocesi di Liegi e governò la diocesi fino alla sua morte avvenuta il giorno 21 aprile 1021.
Durante il suo episcopato volle la fondazione dell’abbazia di San Lorenzo di Liegi.
Fu un vescovo che si prodigò molto per la venerazione di vari Santi.
Alla sua morte, fu sepolto nella cripta dell'abbazia di San Lorenzo che era ancora in costruzione.
San Wolbodo è considerato il Santo patrono degli studenti.
La sua festa è stata fissata nel giorno 21 aprile.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Wolbodo di Liegi, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (21 Aprile)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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